4ª Rampigada Santa 2015
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Da il piccolo di Trieste di lunedì 21 settembre 2015
 
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La carica dei 313 “rampigadori santi”
 
Ciclisti e podisti dai 4ai 75 anni si sono cimentati nella salita mozzafiato tra le ovazioni del pubblico e il saluto del tram
 
di Luca Saviano
 
Umberto Saba se la sarebbe goduta la quarta Rampigada Santa, manifestazione organizzata dall'Associazione di promozione sociale Spiz, in collaborazione con il Comune di Trieste e l’Associazione sportiva Mappets. Il poeta triestino avrebbe apprezzato lo sforzo dei 313 partecipanti che dal rione di Roiano, di corsa o in bicicletta, hanno conquistato nella mattinata di ieri la “sua” erta, “popolosa in principio, in là deserta”. Una salita “scontrosa”, Scala Santa, con i suoi 2000 metri di lunghezza che salgono fino ai 343 metri dell’Obelisco. Una strada con una pendenza media del 16,2%, che in alcuni punti supera il 21% e che comunque non scende mai sotto l’11%. Una distesa di sampietrini che è stata domata dal ciclista milanese Stefano Fatone, primo in 10’33”, e dal podista friulano Michele Ermacora, giunto oltre il traguardo in 11’51”.
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La liturgia laica della Rampigada Santa, però, non tiene conto solamente del riscontro cronometrico. A contare di più è la voglia di esserci e di potersi fregiare del titolo di “finisher”. Accanto a Saba, così, si sarebbe potuto tranquillamente sedere il barone Pierre de Coubertin, fondatore dei moderni Giochi olimpici e profeta dell’autentico spirito sportivo. «Hanno vinto tutti», ribadirà più volte al traguardo il presidente della Spiz Mauro Vascotto, impegnato nell'accogliere al traguardo gli atleti, incitandoli uno a uno per nome. Ma hanno vinto anche i residenti di Scala Santa, «perché ogni anno ci accolgono con gioia, colorando la salita con moltissime bandiere».
In questa edizione, ancora di più che nelle altre, il pubblico si è assiepato lungo il percorso, ricreando l’atmosfera di una corsa a tappe. In molti, con la lista degli iscritti in mano, hanno chiamato i nomi degli sportivi in gara, riservando la giusta dose di calore anche agli sconosciuti. Le ali di folla, in vista dell’ultima curva, a pochi metri dall'arrivo, si sono aperte e chiuse a fisarmonica al passaggio di ogni atleta. Trombe, striscioni e megafoni hanno completato il quadro da classica del ciclismo. L’applausometro virtuale ha registrato il picco massimo all'arrivo dei partecipanti più piccoli, gli eroici Giorgia Bembi e Matteo Vedoato, rispettivamente di 4 e 5 anni. Alla piccola Giorgia, inoltre, è andato anche il premio “Cagoia”, riservato all'ultimo classificato.
Anche il Tram de Opcina non ha voluto far mancare il proprio incoraggiamento nei confronti dei “rampigadori santi”, sferragliando e fischiando a ogni suo passaggio. «Gli altri anni abbiamo riconosciuto alcuni partecipanti solo dalla bicicletta», ha spiegato ironicamente Vascotto, alludendo alla trasfigurazione del volto di alcuni ciclisti. In molti si sono accasciati dopo aver oltrepassato la linea d’arrivo fiaccati da uno sforzo «che non sembrava avere fine».
Tredici partecipanti, non appagati dalla fatica appena compiuta in bicicletta, sono ridiscesi a Roiano, per poter rifare di corsa la salita. Nicol Guidolin e Alessandro Lembo hanno primeggiato in questa speciale classifica dimostrando di avere delle coronarie d’acciaio e dei tempi di recupero invidiabili. A Michela Facchin e Marco Persoglia, invece, è andata la vittoria nella Combinata Spiz, graduatoria che ha tenuto conto, oltre che della Rampigada Santa, anche della performance messa in mostra in occasione dell’ottava Olimpiade delle Clanfe, l’altra “creatura” dell'associazione Spiz. «È una gara unica e imperdibile – le parole del vincitore Stefano Fatone, già campione italiano di cronoscalata - . È la seconda volta che arrivo a Trieste da Cassano d’Adda solo per prendervi parte». La Rampigada Santa, in effetti, sta allargando i propri orizzonti aiutata dalla presenza in gara di numerosi ricercatori della Sissa. Joan Elias Mirò è arrivato a Trieste solo da due settimane, ma non ha potuto rifiutare la chiamata della Spiz: «maravilloso» e «muerto» sono le parole che ha pronunciato al traguardo fra un respiro e l’altro. Una sintesi perfetta.
Luca Saviano
 

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